Odio l’estate. sarà quella canzone che ascolta mia madre ogni giorno a casa, non ricordo di chi sia ma di certo non amava le spiagge, gli ombrelloni, l'abbronzatura e le lunghe file di macchine parcheggiate nei pressi degli stabilimenti balneari. più che l'estate, in realtà odio quel che significa per me: la sveglia, puntuale, all'incirca al sorgere del sole, la colazione con gli occhi ancora chiusi dalle tre ore scarse dormite la notte prima, l'odore di ammorbidente sulla casacca rossa, che mia madre lava ogni sera, al rientro a casa, un odore che se i primi giorni apprezzavo, perché mi distoglieva dalla salsedine e dal sudore, adesso mi stomaca. mughetto o lavanda, un tempo lo sapevo, ora si confonde con la salsedine, l'olio solare e la coca cola che puntualmente qualche imbecille sotto i cinque anni mi rovescia addosso quando vado a portare un lettino in più ad uno dei suoi due genitori rincoglioniti, che senza prendersela troppo a cuore mi liquida con 'lo scusi, mio figlio, se vuole gliela porto a lavare'. ed improvvisamente penso alla lavanderia dell'albergo, che un tempo doveva essere la bottega di un rinomato profumiere parigino, data la scia di ammorbidente che si percepisce non appena ci si avvicina al corridoio che porta al sotterraneo. altri odori. altro mughetto, lavanda o qualunque altra strana essenza pronta a stordire i miei ricettori nasali. altro bouquet floreale che si aggiunge a quello di mia madre, e che l'indomani si aggiungerà ad altra salsedine e ad altre bibite. e allora ringrazio, dico no non si preoccupi non c'è problema, sorrido e intanto cerco di aprire leggermente le fessure oculari al di sotto degli occhiali scuri per fissare nella mente le facce del piccolo idiota di turno e del suo accompagnatore. se chiamano aiuto mentre sono in acqua li lascio affogare. non succede mai, ma se succede, se solo si azzardano a tirare su un braccio giuro che stavolta lo faccio. li lascio lì. faccio finta di non sentire. anzi, mi alzo e di spontanea volontà preparo il lettino che di lì a poco dovrò portare all'ennesimo genitore incapace di insegnare alla prole ad impugnare una lattina. oppure posso dire di aver avuto un problema con le lenti a contatto. fatalità, proprio nel momento in cui un povero padre e suo figlio annegavano. si si questa delle lenti è quella giusta, capita che si sporchino, la sabbia, un colpo di vento, o magari che ne cade una ed è ancora peggio di averle perse entrambe, perché ti ritrovi improvvisamente con un solo occhio in grado di prendere il controllo della situazione e un altro totalmente incapace di intendere e di volere, che guarda - guarda, ma non vede - nel vuoto, e vaga tra contorni sfocati e colori indistinti, si si con questa delle lenti è fatta.
poi però non succede mai. loro non chiamano mai aiuto, io non perdo le lenti. il mattino dopo loro mi domandano ancora una volta un lettino in più ed io glielo porto, mi prendo mezza coca cola sulla casacca, loro si scusano, io dico che non c'è problema, e i giorni passano fin quando non arriva la data della partenza. loro salutano, ringraziano e dicono che sono tristi perché se ne vanno. io, con le palpebre mezze abbassate e la paresi in volto, sorrido, e penso che in fondo tutto questo non mi dispiace, ma se penso che rimango qui ancora per due mesi un po' di tristezza mi viene.
odio l’estate.
che ha dato il suo profumo ad ogni fiore
l'estate che ha creato il nostro amore
per farmi poi morire di dolore
odio l'estate
mia madre canta insieme a bruno martino e la sento dal bagno. odio l'estate perché odio le cose che sono di passaggio. le persone no, quelle mi piacciono, quelle che restano poco nella propria vita, il tempo di starci bene insieme senza che ne sia trascorso troppo e uno si affeziona. e anche se non ho nessuno che possa dirsi un vero amico, sono circondato di persone conosciute nelle occasioni più disparate, in spiaggia, in discoteca, in fila al cesso, dal benzinaio, e insieme usciamo, ci sbronziamo, ci raccontiamo le nostre vite ed ogni volta è come ricominciare lo stesso percorso ma con qualcosa che cambia sempre, ogni volta è come reinventarsi la propria storia, il passato, e ogni volta cambia un dettaglio, una parola, un luogo, una donna, ed è come vivere in un romanzo, dove tutto cambia a seconda di chi lo legge. mi piacciono, si, le persone che mi passano accanto, per poco, per un'ora, per un giorno, per un mese e poi di colpo spariscono. ed io non mi domando dove siano andate, perché se ne siano andate e non mi abbiano fatto sapere niente. penso che sono da un'altra parte, a riempire per un po' la vita di qualcun altro, ad incrociare un altro cammino, un'altra fila, un'altra spiaggia. e penso che è in fondo tutta una questione di coincidenze.
odio l’estate.
il sole che ogni giorno ci donava,
gli splendidi tramonti che creava,
adesso brucia solo con furor.
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