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venerdì 20 gennaio 2012

eat parade

Certamente non pretendo di riuscire ad alleggerire con un post umile e scanzonato il carico (senza alcun riferimento voluto al concetto di bastimentoànaveàCeline Dion) di notizie che quotidiani, reti televisive e pagine web ci hanno consegnato in questi giorni – anche se il solo fatto che il 2011 abbia visto il trionfo di una Pippa e il nuovo anno si apra con un'altra (ok, con una P in meno) credo non lasci presagire nulla di buono, damned Mayans.
Ma è proprio nei periodi più bui che gli uomini si rifugiano nelle certezze, e non v'e' dunque momento migliore per esplorare il tema tanto scontato quanto soddisfacente della gastronomia locale. E dopo un anno e mezzo trascorso nel regno della patata, ritengo di poterlo fare con cognizione di causa – per giustizia, specifico agli eventuali lettori con cromosoma Y ed etero che il termine di cui sopra è da intendersi come tubero commestibile, e non giustifica pertanto la corsa su volagratis.it alla ricerca di super offerte in direzione Belgio.

Prima di entrar nel merito dell'occasione specifica che è un po’ all’origine di queste righe, è necessaria una premessa che illustri i motivi di una trattazione che sarà volutamente ricca di stereotipi.  Al primo posto dell’hit parade dei luoghi comuni, più ci si allontana in qualunque direzione dall'Italia, più ci si deve abituare all'idea che non si mangerà mai così bene come in Italia. Cosa che in sé ha un suo fondamento, digiamolo. Personalmente, ai miei esordi da expat cercavo di comportarmi da pacata globetrotter e di non incapricciarmi con la pretesa di trovare l’Estatè e il Nonno Nanni agli stessi prezzi in qualunque altro stato del mondo. Poi è comparso il desiderio di riscatto, e in un impeto patriottico risorgimentale ho detto BASTA  ai compromessi J E anzi, non ho problemi a ribadire a tutte le persone che non perdono occasione per deridere il mio paese e i suoi inguaribili mali che sì, avremo la gerontocrazia nelle università, il governo tecnico, le raccomandazioni, la criminalità organizzata al Nord e al Sud, la Lega, la Salerno-Reggio, la disoccupazione al 30%, ignoti volontari che pagano le vacanze e l'affitto ai membri della Casta e quant'altro, ma GUAI a mettere in discussione le nostre competenze in materia culinaria. Che in fondo (e qui scatta il luogo comune numero due) è uno dei pochi marchi che ci resta, visto che abbiam fatto del nostro meglio per uccidere i poeti e dimostrare di non essere un popolo di santi - men che meno di navigatori. Ma almeno lasciatece magna'.

Chiarite dunque le basi della polemica, analizziamo nel dettaglio i miei motivi di discordia con la cucina del posto. Chi ha avuto il piacere di sperimentare di persona, saprà che gli autoctoni sono tendenzialmente biondastri, dalla carnagione chiarissima e con le gote rosse, e variamente flaccidi. Il che è presto spiegato se si elencano gli alimenti di base della dieta belga: patate, uova, cipolle, cavoli, carne rossa, formaggi stagionati e birra. Su tutto trionfa il burro, che qui sostituisce l'olio e compare spesso nella composizione delle >30 salse che sinora ho potuto contare. Anche l'insalata –  che solitamente fa rima con dieta – viene proposta con le scaglie di Emmental, le uova sode e i cubetti di pancetta, o meglio i lardons che in lingua originale ti fanno sentire in colpa al solo pronunciarli. Si narra tra gli espatriati che dopo un anno trascorso in loco si prendano in media sette chili. Oibò.  
L’elenco non esaustivo dei piatti tipici include il sanguinaccio, polpette al sugo, stufato di manzo, rollè di carne chiamato "uccello senza testa" giusto per renderlo più succulento all'orecchio del turista, coniglio cotto nella birra, purè di patate e porri e, immancabile, l'anguilla (sguishhh) alle erbe. Il primo grazie a Dio lo saltiamo a piè pari – perché no, non volete farvi cucinare una pasta al sugo da un belga dati i summenzionati presupposti. Diremo però che i nostri farinacei vengono gioiosamente sostituiti da zuppe tendenti al marroncino e preparate con lo scalogno, i broccoli, il mais etc. che pare allietino i gourmands locali. Per quanto concerne le bevande, si sappia che è lecito e quasi doveroso pasteggiare con la birra, spesso una trappista dagli 8 gradi in su – vedi mai che l'uccello ritrovi la testa perduta e spicchi il volo su per l'esofago.
Nata e cresciuta in un paese di mare, mi rallegra che, accanto al succitato animale cilindrico, in pescheria si possano trovare anche dei pesci normali come la sogliola e la pescatrice che continuo felicemente a cuocere nel forno con pomodorini, capperi ed olivette in barba al monito europeo sullo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche. Senza burro (sfidando scomunica dalla chiesa del quartiere).



Date le aspettative della cucina locale, capirete la difficoltà dinanzi all'invito ricevuto qualche giorno fa da una coppia di amici di amici di amici di amici naturalizzata belga (ahimè, anche in cucina): al di là della sensazione, come dire, di straniamento nello stare a tavola con una ventina di persone che si conoscono a malapena di vista, la scelta del menu non ha aiutato a rendere l'atmosfera più gioviale – per banalità, daremo la colpa alla salsa all'aglio che fungeva da piumone, più che da letto, per la carne. Di fronte al trittico pomodori ripieni di gamberetti in salsa rosa-bistecca con salsa aïoli e (guess what?) patate al vapore-crostata al rabarbaro, anche lo stomaco del mio consorte (che di norma potrebbe reggere anche un cinghiale selvatico intero, purché senza peli) ha gettato la spugna. Attendevamo dunque con ansia il riscatto del caffè fino a quando si è scoperto che in onore delle origini diciamo dell'est della padrona di casa, la bevanda in questione era stata preparata secondo la ricetta alla turca, ovvero acqua bollente, cucchiaiate di caffè in polvere e giù, nelle tazze – per carità, Domen ha gradito, io volevo prenderla a padellate.

Dopo tre amari e un Ferrero Rocher ci siamo congedati dagli ospiti e dal resto degli sconosciuti con la promessa di ricambiare il loro invito, same time our place. Possibilmente senza aglio.



Per carità, non nego che, come tutti e forse più di altri, sul capitolo cibo io riesca a transigere poco. Ma in realtà, intimamente, credo sia un atteggiamento condiviso da una buona maggioranza dei palati, più che dei cervelli, dei connazionali espatriati. Probabilmente quelli esigenti siamo noi, con i nostri vizi e virtù da buongustai, col chiodo fisso della pasta al dente e della moka, con l'olio extravergine che regna sovrano dovunque specie sul pane casareccio per il più semplice e buono dei pasti. Siamo noi ad essere stati educati al sapore delle cose buone, ai profumi che si sposano a un buon bicchiere di vino, ad una tavolozza di colori nel piatto e agli ingredienti che cambiano con le stagioni (effettivamente, si può dire che da noi le stagioni ancora cambino). Siamo noi ad attribuire al cibo un valore che va oltre il semplice concetto di alimento, siamo noi a credere che tramite il cibo un popolo esprime la sua visione del mondo e della vita.
E si sa che a parlarne con un italiano non se ne esce vivi, poiché si finisce sempre o sul litigio (solitamente con uno straniero recalcitrante) o sull'ammirazione (con uno straniero "italofilo") o sulla nostalgia (con un conterraneo all'estero).

Forse almeno in questo ci resta qualcosa da condividere, se non proprio da insegnare.
Qualcosa che continua ad alimentare i diffusi luoghi comuni.
Qualcosa che sia ancora nostro vanto.
Ma riusciamo a fare in modo che non se ne accorga nessuno, tanto sembriamo abituati a comportarci da Italietta.

giovedì 12 gennaio 2012

everybody needs a Willy :-)


A gennaio, si sa, il ritmo di lavoro riprende in maniera direttamente proporzionale alla scomparsa degli "out of office" dalle caselle di posta elettronica.
Personalmente, al sesto giorno di messaggi introdotti da Buon anno/Buon rientro/E' stato piacevolissimo lavorare con lei durante tutto il 2011, ho smesso di scrivere convenevoli di circostanza – specialmente a quelli che in base a bizzarre supposizioni, mi hanno chiesto come ho trascorso le vacanze a casa in Romania...

Anno nuovo chiama a sé l'inevitabile lista di nuovi propositi, da aggiungere puntualmente a quelli che si trascinano dall'anno scorso e da quelli precedenti. Sorvoliamo pertanto sull'argomento e sui temi più gettonati per non tediare ne' chi scrive ne' chi legge - vale a dire l'autore e pochi adepti
Anno nuovo porta con sé le novità di rito dei colleghi: chi torna con il taglio di capelli nuovo, chi con gli occhiali nuovi, chi con le tette nuove (che se sono veramente il risultato dell'allattamento, I wish I can get pregnant now, buon Dio). Poi c'e' chi arriva carico di idee nuove che dovrebbero teoricamente portare una ventata di freschezza nella pesante, quotidiana eurocrazia, idee immediatamente smontate nella prima riunione di unità di gennaio. Ed infine c'e' chi cambia i regolamenti interni, le procedure, gli accordi inter-istituzionali e si spinge fino all'organigramma pur di non cambiare di fatto nulla, come nella miglior visione gattopardesca.


Pensavo ai cambiamenti e alle giornate che passano sempre troppo in fretta mentre assistevo la settimana scorsa alla "svestizione" dell'albero di Natale, un timido abete nano piazzato un po' in disparte in un angolino della nostra caffetteria. Palla dopo palla, filo dopo filo ed ago dopo ago, del gioioso sempreverde non e' rimasto che un triste tronchetto – che ancora giace inerme nel solito angolino, dove rimarrà molto probabilmente fino alla prossima festività cristiana – peraltro deriso da tutti quelli che passano a prendere il caffè.
Poi, all'improvviso, mentre guardavo il tronchetto e pensavo alla lista delle cose da fare che mi attendeva sulla scrivania, ho visto lui: Willy, o l'uomo del termostato. E lì ho avuto l'illuminazione.

L'uomo del termostato è l'addetto alla risoluzione di tutti i problemi tecnico-pratici dell'edificio. Le sue competenze spaziano dalla riparazione di un rubinetto che perde acqua alla verifica del funzionamento degli estintori, dalla sostituzione delle lampadine alla regolazione, appunto, del termostato in ciascun ufficio. Non importa quale numero si chiami o quale sia il difetto segnalato, quando la voce metallica dall'altro capo del ricevitore ti congeda dicendo che "un addetto passerà e si occuperà del problema" ci si puo' ragionevolmente aspettare che arrivi lui. Willy. Soprattutto, non importa che si tratti di un guasto non imputabile ad una persona specifica o che la temperatura rilevata nell'ambiente sia di 25 o 5 gradi, Willy dirà che e' comunque colpa tua
Ora, nonostante l'espressione burbera e perennemente incazzata del soggetto in questione, trovo stranamente che ci sia qualcosa di rassicurante nell'uomo del termostato. Nel solo fatto di poter contare su di lui e sulla predica che inevitabilmente toccherà ascoltare una volta sollecitato il suo intervento. Nel fatto che passano le stagioni, crollano i dittatori, delirano i mercati e aumentano i prezzi, ma lui è sempre lì, noncurante, con la salopette da lavoro blu, e sembra non preoccuparsi di nulla fuorché del filtro dell'aria calda manomesso da qualche incompetente (ovvero io, nella sua logica). Nel fatto che, malgrado tutto, ogni problema con lui e' risolvibile.

E così, mentre lo guardavo borbottare qualche cattiveria contro quel che restava dell'albero, ho ceduto e ho segretamente pensato anch'io al mio buon proposito per il duemiladodici.
Mi piacerebbe imparare a prendere tutto un po' più alla leggera, a cominciare da me. A dare il giusto peso alle cose, e a trovare il tempo per la felicita' prima della serieta'. A ragionare con la pancia, e non sempre necesariamente con la testa. E convincermi che in fondo a tutto si può trovare rimedio. 
Anche al mio termostato.

mercoledì 7 dicembre 2011

vacanze (e rimostranze) di natale 2011

Con un po' di anticipo rispetto alla bella tradizione italica che vuole (se non erro) che gli addobbi natalizi si preparino rigorosamente dal giorno dell'Immacolata, è arrivato nel reame Saint Nicolas – alter ego più alto e slanciato di Babbo Natale, meglio noto dalle Marche in giù (molto giù) con il nome più popolare di Sande Niccóle, San Niccòl di Beri et similia. Da qualche giorno il Santo dall'inquietante cappello si aggira per la città vecchia e vaga per i centri commerciali distribuendo biscotti alla cannella che lo ritraggono in varie pose e fattezze (Santo Nicola a pesca, Santo Nicola impiegato del catasto, Santo Nicola speculatore finanziario, etc.).
Prevedibile conseguenza: moltitudini triplicate per le vie del centro e drappelli di bambini facinorosi nei pressi degli ipermercati in fila per ricevere caramelle e speculoos – più o meno le stesse scene vissute qualche settimana fa a Milano davanti alle Coin per la vendita del Napapijri democratico, con la sola differenza che l'evento non e' oggetto di un servizio di 5 minuti su Studio Aperto.

Oltre al Santo, anche i quotidiani (gratuiti e a pagamento) fanno del loro meglio per ricordarci che tra il virus dell'HIV in aumento, l'ennesimo trionfo dei luoghi comuni in occasione dell'ennesima conferenza sul clima, Plasmon e Barilla che combattono a suon di macine e stelline e un paese dell'Eurozona a rischio di default ogni settimana… possiamo serenamente concederci una pausa e iniziare a stilare la nostra wishlist. Great :)
Secondo un articolo di un quotidiano online locale, pare che in vetta ai nostri desideri ci siano quest'anno il Kindle e le varie tavolette, che ancora dividono gli entusiasti (quale la mia dolce metà) dai detrattori (io). Seguono i vari iPod, iPhone, iMac, iScarf, iSoap, ma colpisce il fatto che faccia in classifica capolino il denaro contante (da preferirsi ai buoni acquisto, come giustifica l'acuto giornalista). In Regno Unito pare invece che sotto l'albero ci si aspetti di ricevere uno stock di pillole del giorno dopo, sempre utili da tenere a casa assieme al Lasonil e all'aspirina, vedi mai che nel clima gaudente delle festività natalizie ci si ritrovi con gli obiettori di coscienza in consultorio e la farmacia chiusa.

In attesa della vigilia e dei tanto attesi doni, i primi pacchi sono già arrivati: Santo Nicola ha portato ai belgi un nuovo governo (cinquecentoquaranta giorni dopo aver ricevuto la letterina) guidato da un premier di origini abruzzesi, omosessuale ed asessuato linguistico (definizione ufficiale), e nello stivale una manovra che sembra farà bene al paese come il pane pizza ai celiaci. L'Europa ha trovato invece sotto al pino una bella proposta di riforma dei trattati, e pur dovendosi barcamenare tra vertici e scioperi del personale, ha fatto sapere di apprezzare beaucoup il fatto che il nuovo primo ministro italiano sembri asessuato aussi come il suo collega belga – specie se paragonato al predecessore.
Dovremmo dunque poter sperare in una nuova fase, fatta di riunioni di gabinetto ed incontri bilaterali degni di questo nome e che non si prestino più a fraintendimenti – vedi il capitolo cene eleganti e acquisti di immobili all'insaputa. 

Che si sappia però: pessimismo e contatto con la realtà saranno ammissibili ancora per poco. O almeno non oltre il ventitre dicembre, quando auspicabilmente saremo già tutti a casa (dopo aver smadonnato un giorno intero in autostrada/treno/aeroporto causa traffico/ritardi/neve), pronti a sacrificare la dieta in nome del Tartufone e a regalare a parenti ed amici gli intramontabili cofanetti bagno doccia+crema corpo+candela profumata. Soprattutto, a spegnere la televisione ed evitare il telegiornale per un po'. 

martedì 25 ottobre 2011

assessori ed assassini



Non ci sono due modi identici di fare la stessa cosa. Neanche se a farla è la stessa persona. Neanche quando si tratta di sbagliare.

Credo sia un po' questo il principio alla base di questa nuova generazione di test psico-attitudinali importati dagli Stati Uniti, patria per antonomasia della libertà - di sbagliare, appunto. Quei test che non vogliono misurare le conoscenze accademiche o teoriche, bensì aspirano a valutare le competenze individuali di un candidato inserito in una situazione lavorativa verosimile. Il che, a detta dei geni plurilaureati autori dei nuovi sistemi di valutazione, dovrebbe rivelare con buona certezza il comportamento probabile del soggetto quando quest'ultimo si troverà ad affrontare un dato problema nella vita reale d'ufficio.

Tradotto in termini pratici, la brillante tecnica in questione riesce in realtà a tirar fuori il peggio delle persone - qualora sia questo uno degli obiettivi auspicati, allora sì che i suoi autori possono essere considerati dei geni. Nello specifico, il peggio di cui sopra si declina poi in molteplici sfaccettature: dalla palese menzogna relativa alle proprie capacità salvifiche alle manie di protagonismo degne del Re Sole, passando per il finto disinteressato buonismo e la "sindrome dell'incompreso" (che solitamente affligge chi, arrivato sul luogo dell'esame, si accorge per un qualunque motivo di essere il diverso: l'unico con una cravatta a pois, l'unica con la camicia a maniche corte, l'unico con il diploma dell'istituto alberghiero, etc.).
Ne consegue che, qualora si faccia parte della rosa dei candidati, bisognerà accettare stoicamente l'inevitabile: vale a dire, sopportarsi a vicenda durante i vari momenti comuni previsti dalle prove del concorso e soprattutto mettere in conto che tutte le pause caffè/pranzo/spuntino (e probabilmente i pochi minuti di relax trascorsi alla toilette) verranno probabilmente condivise col Re Sole e il diverso.
L'acme si raggiunge durante l'esercizio di gruppo, in cui gli ostaggi si ritrovano attorno ad un tavolo "per cercare di risolvere con intelligenza e geniali intuizioni un problema del cazzo" (come l'ha definita, in maniera altrettanto intuitiva, un mio amico qualche tempo fa).

Consapevole del fatto che prima o poi sarebbe toccata anche a me l'impagabile avventura, ho iniziato a documentarmi sul tipo di prove che mi attendevano, sul funzionamento del centro di valutazione e prevedibilmente, sui DOs/DON'Ts che promettevano di garantirmi il successo sicuro. Mi ha sorpreso trovare al primo posto, nella lista delle cose da fare, a caratteri cubitali

SMILE AND BE POLITE.

Più che sorpreso, in realtà mi ha intristito pensare che qualcuno prima di me abbia avuto bisogno di leggerlo e qualcuno prima ancora abbia pensato che fosse una buona idea scriverlo. Non mi stupirei se fossero stati gli stessi geni plurilaureati a farlo, una volta visto il casino che hanno combinato con la loro brillante intuizione.

venerdì 23 settembre 2011

neutrino piè veloce ed altre storie

settimana pregna pregna di eventi quella che sta per volgere al termine. lauree di amici vicini e lontani, l'accordo storico tra i partiti belgi su un primo dossier per la formazione di un governo (ne restano ora solo 587, dossier più dossier meno), proteste e spazzatura infuocata per strada, manifestazioni varie ed eventuali che si svolgono puntualmente durante la pausa pranzo (nell'ordine, gruppi pro-Palestina, gruppi pro-Israele, amici del Kurdistan ed esponenti di un non ben identificato stato africano dalla bandiera colorata hanno manifestato tra la piazza del Parlamento e Schuman), centralina elettrica in fumo e conseguente interruzione di corrente in tutto il quartiere (che ha autorizzato quasi tutti gli Euro-impiegati ad andare a casa verso le 14.00, tutti tranne quelli che lavorano nel mio edificio), ennesimo tonfo delle borse, ennesimo tonfo della credibilità di chi ahimè ancora ci governa, ennesimo trionfo della retorica in scena alle Nazioni Unite, ennesimo allenatore all'Inter ed ennesimo cambiamento dell'homepage di Facebook e per finire, proprio oggi, la scoperta dell'infame neutrino più veloce della luce.

In tutti i casi summenzionati, il motto sembra essere "tutto da rifare".

E se non dovesse bastare, siamo costretti a dire ufficialmente addio all'estate e alle infradito, al kuduro e alle vesciche ai piedi e aprire le porte all'autunno, ai vestiti a strati e alle lozioni autoabbronzanti per i nostalgici. Pensando poi a cosa è accaduto in passato nella stagione che oggi si inaugura, non è ancora chiaro se sia legittimo aspettarsi la soluzione ai mali dell'umanità (Bossi e Brunetta compresi) o l'apocalisse (che potrebbe iniziare con Bossi che torna a muovere l'altra metà del viso e Brunetta che diventa gigante).

Nel dubbio, meglio affidarsi alla tradizionale scaramanzia, e toccar ferro o legno a seconda della lingua che si parla. Nell'evenienza, farsi scudo con i frammenti del satellite che nel frattempo minaccia di catapultarsi sul nord Italia. Unica nota positiva, magari colpisce Bossi.





venerdì 2 settembre 2011

sweat baby sweat - il ritorno

è ripresa da qualche giorno la routine autunnale, con i mezzi pubblici che tornano a circolare normalmente e non più a singhiozzo, le pubblicità di zaini bio, cartelle con pannelli solari incorporati, astucci in pelle umana e penne a raggi laser e - come non accorgersene - le orde barbariche di creature al di sotto di 1 m di altezza che popolano al mattino i suddetti mezzi di trasporto.
e col rientro a scuola ed in ufficio, si è ripopolata anche la palestra, in parte dovuta alla mega promozione "porta tre amici, ti regaliamo una borraccia", in parte legata al mix letale estivo cazzeggio/birra/cazzeggio/mojito/mojito/mojito/cornetto alle 4 del mattino.

nello specifico, sono tre le tipologie di gruppi che hanno attirato la mia attenzione:
1. gli aspiranti culturisti convinti che il loro sex appeal aumenti esponenzialmente in base al numero di dischi aggiunti al bilanciere (per cui ad ogni sollevamento seguono urla di dolore e nel lungo periodo ernie lombari)

2. le coppie - o i terzetti - di signori in età di mio papà (e forse più) che arrivano in outfit anni ottanta, salgono sulla cyclette con l'asciugamano al collo ed iniziano a pedalare ininterrottamente per ore, compiacendosi della rispettiva pancia e calvizie

3. gli adolescenti maschi appena entrati nella pubertà (trionfo dell'infelice combinazione baffi pelosi + ph della pelle pericolosamente acido + accenno di acne + erezioni imprevedibili) che, accecati dagli aspiranti culturisti di cui sopra, si imbarcano in imprese ben più grandi di loro - vedi infinite ripetizioni di addominali e flessioni nonostante le guance paonazze e le braccine tremanti

Ad accomunare i tre, oltre ai cromosomi XY, la solidarietà tra i membri del gruppo, che si incoraggiano a vicenda con grugniti e virili pacche sulle spalle.

Contrariamente a quanto sperato dagli esponenti del sesso forte, signore e signorine si tengono a debita distanza dalle scenette stile danza dei guerrieri Maori nonché dall'eccesso di sudore e testosterone, e preferiscono restare anch'esse in gruppo, sul tapis roulant (ora chiamato runner, per gioia degli anglofili) o sui materassini da yoga, a fare chiacchiera o a inviare sms dai loro cellulari rosa con pendagli a forma di gattini col fiocco rosso in testa.

e dinanzi a tutto questo teatrino, mi chiedo come siano riusciti i proprietari di questi gym fit wellness center club oh yeah a convincerci che pagare, anche poco, per camminare al chiuso su un nastro trasportatore ci renderà tutti meno disadattati e decisamente più cool.


domenica 14 agosto 2011

sweat baby sweat

ci sono molti modi, come dice la canzone nel mio piccolo ipod. ci sono molti modi di trascorrere la vigilia del ferragosto. a palazzo chigi c'è chi si inventa delle trovate bizzarre per risparmiare, in inghilterra c'è chi rompe vetri e a bruxelles c'è chi si iscrive in palestra. ovviamente l'ultima notizia non é finita sulle prime pagine della bbc - e non ce ne rammarichiamo - ma dopo un anno sabbatico con annesse scarpe da ginnastica appese al chiodo, era giusto dedicare all'evento un paio di righe.
in realtà, il tutto mi dà modo di raccontare qualche impressione raccolta sinora sul fantastico mondo delle palestre del luogo, non si sa mai a qualcuno venisse voglia di espatriare in funzione della possibilità di continuare a praticare o meno la deliziosa arte della stiletto gym.
premetto che, causa sporty-mamma, ho trascorso buona parte della mia infanzia e pre-adolescenza in palestra - senza che questo producesse poi evidenti benefici alla mia silhouette :) ma sicuramente, dopo aver visitato e vissuto, con diversa frequenza, in quasi una ventina di centri benessere/centri fitness/sale attrezzi/sale corpo libero etc. ho imparato a concentrare la mia attenzione su quei dettagli che fanno la differenza. e soprattutto sul pittoresco gruppo di persone che le popola.
ora, a bruxelles a quanto pare vanno di moda le palestre in stile fast-food: cartelloni, insegne e nomi tutti rigorosamente in inglese (gym, health, sculpt, crunch, new, fit, center, just, wellness, mind, body e auanasgheps), figa bionda (o figo moro) poliglotta in reception con la felpa col logo gymfitcrunch bla bla sulla tetta destra, che il più delle volte non sa neanche dove siano situati gli addominali ma ti spiega in dieci minuti tutte le opzioni per abbonarti; sale immense con una schiera di macchinari, flat tv alle pareti chiaramente sintonizzate su mtv et similia, persone che nonostante la musica di mtv sparata a palla si infilano le cuffie dell'mp3 e salgono sul runner per restarci delle ore... e in tutto questo, non la minima ombra di un istruttore o personal trainer che sia, o di un figurante che verifichi che lo sportivo della domenica non si faccia venire un'ernia con un carico troppo pesante (solitamente uomo) o facendo un esercizio in maniera scorretta (solitamente donna). l'apoteosi si raggiunge quando si scopre che è possibile anche seguire dei corsi di step e zumba, ma non con un istruttore in carne ed ossa, bensì su un'altra flat tv che proietta un dvd in sala. l'estrema riduzione del personale chiaramente spiega come questi geni del marketing riescano a praticare dei prezzi incredibilmente bassi: meno di 20 euro al mese, per un abbonamento che però ti lega obbligatoriamente al diabolico centro per un anno. strategicamente, questi mc donald's della lotta alla massa grassa sono ubicati nelle aree in cui convergono la maggior parte degli uffici, europei e non, così da non farsi sfuggire nemmeno i frequentatori della pausa pranzo. ne consegue che c'è il rischio di ritrovarsi il collega/il tipo della reception/il capo oltre che in orario di lavoro, anche sul tapis roulant. o peggio ancora, in doccia (solitamente in stile caserma, quindi tutti/e con tutto en plein air, olé).
al di là dell'alienazione, dell'assenza totale di contatto umano e di un po' di tristezza - se penso alla sciura di mezz'età intenta a seguire il corso di zumba in dvd - l'altro elemento interessante è il popolo di queste palestre. ma per questo ci sarà spazio nel prossimo post eheh

sabato 6 agosto 2011

la moda spiegata a Bruxelles

come nella migliore tradizione cinematografica d'altri tempi, il sole d'agosto ci ha sedotti e temporaneamente abbandonati, illudendoci di poter dire finalmente addio al maglioncino di cotone e al mini-ombrello perennemente in borsa. ma sono bastati un paio di giorni con temperature decisamente al di sopra della media stagionale per far sbizzarrire gli autoctoni, che non si sono certo lasciati sfuggire l'occasione offerta dal primo raggio di sole davvero estivo per esibire qualche vezzo modaiolo.
e cosi', mentre camminavo lungo rue de la Loi - una delle arterie principali che collega il centro citta' al famigerato quartiere europeo - mi e' venuto in mente questo post, che ovviamente non ha la pretesa di volersi ergere a decalogo della haute-couture, bensi' di rispolverare poche e semplici ovvietà sul buon gusto e l'eleganza che, tra una riforma della PAC e una direttiva europea sulla tutela dei consumatori, pare non siano mai giunte qui nei palazzi del potere.
come dire, la moda spiegata a Bruxelles (e non scrivo "agli idioti" per non cadere nella trappola del politicamente scorretto ma condivisibile).
iniziamo:

1. Brussels is not Paris, act accordingly. quindi care signore, smettetela di attraversare passaggi pedonali nei malfamati sobborghi di periferia come si trattasse di una passeggiata per gli Champs Elysées.
2. il fatto che quell'abbinamento di colori e capi fosse presentato cosi' in vetrina da Zara non significa che anche tu debba indossarlo allo stesso modo. soprattutto se ti sta male.
3. portare i sandali con i calzini non é consentito da nessuna religione, trattato internazionale o carta dei diritti dell'uomo, e pare si stia discutendo sul renderlo punibile con la gambizzazione.
corollario di 3. i fantasmini sono tali perché dovrebbero sparire dalla vista una volta calzate le scarpe.
4. quei terribili stivali da allunaggio con morbido pelo all'interno sono accettabili unicamente in condizioni climatiche avverse e in Alaska. in tutti gli altri casi, non possono essere considerati né appropriati, né trendy e men che meno sexy.
5. una volta e per tutte, ribadiamo che i leggings non sono pantaloni. o smettono di esserlo una volta raggiunta la pubertà.
6. spendere tutto l'ultimo stipendio per acquistare un abito maschile firmato non ti autorizza ad indossarlo con le Converse.
7. gli unici uomini rimasti a portare il gel pettinato all'indietro con qualche capello attorno sono i gangster, i sarti delle commedie all'italiana anni sessanta e i giovani arabi - che pare credano sia molto di moda.

to be continued.

domenica 31 luglio 2011

voglio vivere in pareo

mi duole un po' dovermi abbandonare alla nostalgia e alla depressione meteoropatica - poiché per chi ha scelto di espatriare suona, ahimè, come una parziale sconfitta - ma ad una settimana dai ventisei anni e sapendo che stiamo per staccare dal calendario la pagina di luglio per trovarci, ohibò, con quella di agosto (e i soliti ombrelloni e cocktail nella noce di cocco che spuntano nella fotografia di rito) non posso non chiedermi perché mai sono qui e non sulla mia solita spiaggia. e soprattutto, con un colorito sano invece del pallore europeo continentale - che ovviamente non pretenderò di abbandonare con una settimana di sole a fine mese, sigh sob.
col tempo ho elaborato la teoria secondo cui la gradevolezza climatica di un paese è (purtroppo) inversamente proporzionale al tenore di vita della popolazione. ergo, scartiamo tutti i vicini mediterranei dal portogallo alla grecia. spingendosi oltreoceano, scartiamo pure mezza america latina, causa corruzione, povertà, dispersione sociale, narcotraffico, FARC e quant'altro.
più si sale sulla mappa, più si scopre che il mondo sembra funzionare diversamente da quel che ci hanno insegnato (almeno in Italia): ed ecco la svizzera, la germania, metà francia (l'altra metà la lasciamo nei vicini mediterranei di cui sopra), l'olanda, il lussemburgo, per sbaglio anche il belgio e poi su su i paesi scandinavi, con i vichinghi, l'ikea, il salmone e le donne che fanno politica. regno unito e irlanda fanno caso a sé, ma se nell'indice di benessere facciamo rientrare i butter fingers, il soda bread, schuh e starbucks, allora possono decisamente rientrare nella categoria dei paesi del centro-nord.
ne consegue che tutti noi che abbiamo scelto di studiare spagnolo e portoghese all'università con la speranza e il sogno di andar via dalla pazza folla e aprire il famoso chiringuito su una spiaggia tropicale, siamo degli sfigati, viste le condizioni e le prospettive occupazionali della maggior parte dei paesi in cui l'apertura del suddetto chiringuito è fattibile. quindi, sempre procedendo per generalizzazioni, la scelta è o far la fame ma vivere in pareo ed infradito 365 giorni all'anno, o guadagnare qualche soldino, ma in simbiosi con gli stivali antipioggia e il cielo grigio su.

detto questo, caro regno del belgioioso, sarai pure cuore dell'europa etc etc... ma hai un clima che fa schifo. ecco, l'ho detto. 


martedì 28 giugno 2011

e la chiamano estate

Fa caldo, fa caldo, fa caldo. La media degli ultimi due giorni si attesta attorno ai 30 gradi (all'ombra, il che vuol dire che se ci si piazza alla fermata dell'autobus a mezzogiorno senza neppure l'ausilio di un giulivo copricapo non ci si puo' lamentare dopo) e la Protezione Civile del Regno del Belgioioso e' gia' in allerta. Causa anziani e bambini, o probabilmente a motivo del fatto che quando aumentano le temperature, aumenta anche il numero di biciclette in strada, con conseguenti disagi e rotture di zebedei degli automuniti (e soprattutto aria-condizionati). E insieme al caldo in ascesa, scattano automaticamente i festival di musica jazz/rock/punk/indie/folk/elettronica/allegretta ma non troppo, gli sconti strategici per i musei, le birrette sulle sponde del canale (che pare verranno sommerse da quintali di sabbia per darci l'impressione di essere lontani anni luce dalla city e gia' in mood vacanziero), la stagione dei saldi, le email di risposta automatica ad informarci che Tizio (bastardo) e' in Costa Brava a fare giochi aperitivo e non sara' di ritorno prima di fine mese, le offerte sugli antizanzare e sui prendisole in finta stoffa batik, le borse frigo gentilmente offerte dal supermercato di fiducia e – immancabili – le gelatiere (di norma utilizzate due volte prima di venir riposte nella scatola e mai piu' tirate fuori se non per venderle su Ebay).


E a chi si lamenta dell'afa, del tailleur che fa sudare, delle ascelle commosse in metropolitana, del condizionatore che non funziona, delle punture di insetto, del traffico verso le localita' costiere nel weekend e dei turisti che affollano (?) il centro, bastera' un'immagine a ricordare che, nel clima delle ovvieta', fino a pochi mesi fa ci si lamentava di altro.

mercoledì 8 giugno 2011

una settimana da dio

sette giorni tormentati, a cavallo tra un batterio killer e la caccia al cetriolo, per poi passare al successivo "porcosoia", battaglie referendarie, scandali negli spogliatoi, dubbi scioperi dei piloti gaelici e manifestazioni di non ben precisati settori nella capitale belga, sessioni parlamentari alsaziane, il supermercato sotto casa che giustifica i mancati rifornimenti asserendo di lavorare per noi da ormai tre settimane, i guasti alla metropolitana e i temporali di giugno, il divorzio tra la rai e Santoro, la lettera dal comune (!) indirizzata ai nomi sbagliati, la disperata corsa alla compilazione della dichiarazione dei redditi last-minute e la solita crescita zero del pil... sara' dunque una pura coincidenza che in questa stessa settimana arrivi mia madre :-) ?

mercoledì 25 maggio 2011

se qualcosa può andar male, lo farà (?)

Per dovere di cronaca - e non perchè ritengo che la questione abbia causato più notti insonni del dovuto ;-) -riporto con soddisfazione le ultime notizie dal fronte convivenza & comune: la settimana scorsa la ragione (o più probabilmente, la confusione mattutina) ha avuto la meglio e siamo finalmente riusciti a consegnare tutti i documenti dovuti. Presi dall'incredulità, dalla fretta e un po' dall'emozione, abbiam firmato due tre fogli ciascuno senza prestare troppa attenzione a quanto ci fosse scritto, nella speranza - beata ingenuità - che l'altro stesse leggendo per poi riassumere. Quindi possiamo solo sperare di non aver dato l'assenso ad ipoteche ventennali o a trapianti di reni. Ma a quanto pare, è filato tutto liscio e voilà, per il Regno del Belgio siamo diventati ufficialmente un couple cohabitante nel giro di dieci minuti e per la modica cifra di cinque euro.

Vinta una battaglia, ma non la guerra. O almeno, non ancora: concluso il pellegrinaggio allo sportello, ci è stato infatti spiegato che nel giro di qualche giorno avremmo ricevuto la conferma per iscritto della registrazione tramite posta. Bene. Tre ore fa, rientrando a casa, ho ritirato la posta dalla cassetta, tra cui una serie di offerte Carrefour/Lidl/Mediamarkt e lettere varie; mi appropinquo con baldanza verso l'ascensore ed apro la porta quando sento un inquietante SGUISSSHHH ... e ancora non so se per sbaglio una busta, un volantino o forse nulla sia sprofondato giusto nell'intercapedine tra ascensore e porta o se posso dormire sonni tranquilli perchè è tutto frutto della mia immaginazione.

Sta di fatto che, se mai la sfiga ha scelto di prenderci di mira, si tratta sicuramente della lettera del comune. Damn it.
 

martedì 17 maggio 2011

donna de panza

Attorno a me, solo donne incinte. E' incredibile (e un po' molesto in verita'), ma da qualche mese a questa parte mi ritrovo puntualmente circondata da gravide: a Bruxelles come in Italia, in metropolitana, al bar, nell'ascensore, al supermercato poi e' un defile' di pance over-size e mal di schiena. Sara' che sto attraversando una fase non esattamente pro baby - superata quella del lavoro minorile per spiagge e villaggi turistici - ma ho iniziato a farci veramente caso, e mi rendo conto che l'ennesima rigida stagione invernale ha mietuto vittime anche quest'anno. In primis, sul lavoro, dove fioccano congedi di maternita' - con gran gioia, per dovere di cronaca, di noi precarie in stato ben poco interessante.

A chi dice che tutto questo sia in realta' dovuto al diabolico piano del destino, che invia i suoi messaggi subliminali tentando di far scattare contemporaneamente gli orologi biologici di tutta la popolazione femminile belga e italiana, rispondo dicendo che piuttosto si rischia l'effetto opposto. E' un po' come dire di portare a termine delle missioni di pace sganciando le bombe intelligenti. Quindi destino, smettila.
E ben vengano tutte le foto, le faccine, i link sui passeggini, i sondaggi sulla scelta del nome, le ecografie, le nausee, le emozioni e gli aggiornamenti condivisi in tempo reale tramite ogni mezzo di comunicazione esistente. Ma vi prego, lasciate anche a me il diritto di cliccare su "rimuovi dalla bacheca" senza essere necessariamente tacciata di insensibilita'. Merci.



giovedì 12 maggio 2011

mi consola il consolato

questa mattina tappa (indovina?) al Consolato, che e' sito in una ridente stradina parallela all'elegante Avenue Louise, piu' precisamente tra una tavola calda libanese e un night club di dubbio gusto - un po' come i lampadari nella sala d'aspetto...
Altri timbri, altre firme e altri 12 euri poiche', e' bene saperlo, i certificati rilasciati dai comuni italiani all'estero sono validi per due mesi (a discrezione dell'impiegato allo sportello, chiaro, ma il periodo oscilla tra i due e i tre); la breve attesa è stata ingannata tra la lettura di un libro e il tentativo di carpire parole dalla conversazione delle vicine, in un dialetto che sembrava del sud, e molto molto stretto.


Tutto questo perché è da settembre che tentiamo di registrarci qui in Belgio come coppia convivente - un po' per amore e un po' per pagare meno imposte :-) - ma pare che, ahimè, questa convivenza non s'ha da fare, giacchè sono cinque volte che andiamo in comune e ogni volta c'è una novità: la prima volta mancava la traduzione, la seconda non c'era il timbro dell'ambasciata, la terza il database non era stato aggiornato, la quarta il database è stato aggiornato male, la quinta e piu' recente, i documenti erano improvvisamente scaduti. 


E l'ilarita' vien dal fatto che qualche giorno fa, durante il notiziario alla radio, è andato in onda uno speciale sulla situazione delle coppie conviventi a Bruxelles, e l'impiegato comunale intervistato (che probabilmente lavora come umpa-lumpa alla fabbrica di cioccolato, data la credibilità) esordiva spiegando che "registrare il proprio status di conviventi in Belgio è molto facile: basta recarsi al proprio comune di domicilio con un documento d'identità e un certificato di stato civile". Azz. Allora devo essere io a non aver capito nulla, o a finire sempre allo sportello sbagliato. 

venerdì 6 maggio 2011

intro


in Belgio non si dice "oui" ma "oué", e già da qui si capisce tanto
i negozianti non fanno la pausa pranzo ma chiudono alle 17.30
c'è una quantità impressionante di passeggini in ogni dove
i treni circolano sui binari opposti rispetto al resto dell'Europa


in Belgio non esiste lo stracchino
la spazzatura si butta per strada e si aspetta che il camioncino dei rifiuti passi a raccoglierla
la polizia di quartiere controlla i nomi scritti sui citofoni
si paga dovunque con il Bancomat, anche nei distributori automatici


in Belgio ci sono zone in cui gli abitanti non parlano né francese né neerlandese ma arabo o polacco
sandwich si scrive sanwich o peggio sanwish
si mangiano le cozze con le patatine fritte
una bottiglia d'acqua al ristorante costa il doppio di una bottiglia di birra

in Belgio ci si viene per curiosità
per amore
per lavoro
per caso
se non si hanno abbastanza soldi per andare in Francia
per capire se tutto sommato assomiglia alla Francia
per risvegliare una coscienza europea mai avuta
per scattare le foto al Mannekenpis
per scoprire che c'è una versione femminile e meno nota
per contare le palle dell'Atomium
per comprare scatole di praline di cioccolato come souvenir
per provare tutte le birre esposte e vomitare dopo le prime cinque
per alimentare gli stereotipi sui belgi
per conoscerli un po' meglio e superare i luoghi comuni
per avere la conferma che il posto migliore in cui vivere è sempre casa propria
per una nuova esperienza, perché dopotutto non si sta così male
anche se, per quanto ci si sforzi,
si ha sempre la sensazione di non appartenere a questi luoghi
o se non altro, non più di un cavolo a merenda.

domenica 21 marzo 2010

^^paris@night


The idiots follow.

The seekers find.
The children play.

The thinkers frown.
The leaders believe.
The creators imagine.

The spies hide.
The hopers defy.



We are all these things.

lunedì 1 marzo 2010

UNcovered


and while I stare at you sleeping
I really wonder if I can calm your nerves down
or simply if you feel mine
as I wish you could




then I look outside the window
and wonder if you feel as warm as I do
while the snow is lightly falling down



mercoledì 10 febbraio 2010

***playingTheANGLE


fear of losing
fear of chasing
fear of thinking
that things after all may go in the best possible way
that it is not all doomed
that names numbers people places songs and lines do change our lives
not always in the positive sense


fear of being worried again
fear of what is going to be next
fear of knowing already what is going to be next
being again too rational
too impartial
too little serious
too much obsessed with the idea of pleasing

FEAR of feeling again the same void
fear of avoiding the shining side of life
in the name of the gloomy one











and
meanwhile



hatred
anger
sickness and tiredness of being told
screwed
advised
judged
observed




fear of being damned to fame again







or simply fear of being fair
and fuck up the whole world

giovedì 21 gennaio 2010

RHYTHMandELEGANCE

e se la sauna é concepita per rilassarsi

l'ultima cosa che si vuol sentire all'interno di una sorta di cava finlandese di 2 metri x 2 sono due vecchie amiche parlare in tedesco




ininterrottamente




per 15 minuti




e se le visite ginecologiche si svolgono in un clima di tacito pudore e riservatezza

l'ultima cosa che ci si aspetta é che un paio di specializzandi assistano all'evento



con occhi che brillano



dalla brama di sapere




e se la depilazione con la cera a caldo é indiscutibilmente dolorosa


at least do it jazz